Aerodinamica

PIERO TARUFFI, L’AERODINAMICA, I RECORD… IL FUTURO UN SECOLO FA

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Piero Taruffi è stato sicuramente uno dei più grandi piloti di auto e moto del secolo scorso al punto che lo stesso Nuvolari lo definì: “il più grande stradista di sempre…”; le sue vittorie sono numerosissime e prestigiose e vanno dalla Mille Miglia al Giro di Sicilia, dalla Carrera Panamericana alla Stella Alpina al volante di Ferrari, Lancia, Cisitalia…ma Taruffi era diverso da tutti gli altri piloti perché era anche un Ingegnere e, in quanto tale, si dedicò moltissimo alla meccanica e, soprattutto, agli studi aerodinamici.

L’ aerodinamica studia la dinamica dei gas ed in particolare dell’ aria e la loro interazione con i corpi solidi e, quindi, quanta meno resistenza questi oppongano all’ aria tanto più le prestazioni saranno superiori.

La sperimentazione aerodinamica venne presa per la prima volta in considerazione da Leonardo da Vinci che riuscì a comprendere che un fluido può esercitare su di un corpo solo una resistenza e non una spinta; inoltre, osservando attentamente il volo degli uccelli, intravide quelli che sono i concetti primari di sostentazione. Più tardi Galileo e Newton teorizzarono sulla resistenza aerodinamica poi si proseguì negli studi senza però riuscire a dare soddisfacenti risposte al problema rendendo necessario trovare nuovi metodi di sperimentazione fino a quelli che sono attualmente gli strumenti più efficaci ed utilizzati: le gallerie del vento. Grazie ad esse è possibile simulare con una buona approssimazione le più svariate condizioni ambientali reali, compiere misurazioni accurate, sperimentare nuove tecnologie e materiali.

Iniziando a correre con auto e moto di normale produzione, come accadeva a tutti i piloti di quel periodo, Piero Taruffi si rese conto di quanto il fattore aerodinamico fosse importante per migliorare in maniera considerevole le prestazioni di un mezzo e, pian piano, cominciò un percorso che lo avrebbe portato a conseguire numerosissimi record mondiali di velocità con mezzi a due e quattro ruote da lui stesso elaborati e progettati.

Piero Taruffi si laureò in Ingegneria Meccanica all’ Università di Roma nel 1932 quando già da tempo gareggiava in motocicletta dedicandosi ai primi timidi tentativi di evoluzione aerodinamica dei mezzi adoperati in gara; nel 1931 vinse il Gran Premio di Monza ottenendo con la sua Norton 500 il giro più veloce a 170 chilometri di media, risultato eccezionale per l’ epoca dovuto in gran parte all’ ottima preparazione dal punto di vista aerodinamico.

La moto montava un serbatoio di benzina strettissimo e la forcella, il carter anteriore ed i raggi della ruota posteriore erano stati carenati: con questi accorgimenti e con una posizione molto bassa ed arretrata ottenuta tramite due pedane montate in prossimità dell’ asse posteriore delle ruote Taruffi ottenne un aumento di velocità di oltre dieci chilometri che gli permise di guadagnare quella vittoria battendo tutte le Norton dello stesso tipo.

Da questo momento in poi diventò normale curare con attenzione la preparazione aerodinamica della motocicletta e Taruffi venne scelto a rappresentare il motociclismo mentre il grande Nuvolari l’ automobilismo nella sfida mezzo terrestre contro aereo che si tenne nello stesso anno all’ Aeroporto del Littorio in occasione della Giornata dell’ Aria: con la fida moto inglese Taruffi riuscì a battere automobile ed aeroplano.

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Poco dopo venne fondata a Roma la C.N.A. (Compagnia Nazionale Aeronautica) dove Taruffi, appena laureato ma già carico di esperienza come pilota di auto e moto, cominciò a collaborare allo sviluppo della Rondine con la quale vinse il Gran Premio di Tripoli del 1935.

Quattro cilindri bialbero con sovralimentazione a compressore, raffreddamento ad acqua, telaio in lamiera; la sella è unica e anteriormente ha la fodera in similpelle che si abbottona alle fiancatine del serbatoio dell’ olio, la forcella ha gli steli in lamiera e, quindi, già profilati.

Nuda la Rondine è realmente ultramoderna in tutto, non solo nel rivoluzionario motore, ed è una formidabile base di partenza per una evoluta preparazione aerodinamica. Taruffi ha l’ idea geniale e molto in anticipo sui tempi di fasciare la macchina con quella carenatura oggi chiamata “a delfino” che scherma la testa di forcella e lateralmente avvolge telaio e motore coprendo al vento di corsa il pilota.

E’ chiaro a questo punto che la Rondine, ancora per poco C.N.A. , è pronta per conquistare i primati di velocità: venne studiata una carenatura maggiormente profilata di quella adottata sul Circuito di Tripoli che, vista di lato, fascia oltre a tutto il serbatoio fino alle gambe del pilota anche un arco di ruota direttrice ed inferiormente il motore ed il telaio fino alla ruota motrice.

Una coda filante copre tutta la ruota posteriore a disco, i tubi di scarico sono interni alla schermatura ed un piccolo becco nella parte inferiore della stessa chiude la corrente d’ aria subito dopo la ruota anteriore.

Durante il 1936 presso le Gallerie del Vento dell’ Aeronautica Caproni vicino a Bergamo si provano due modelli in scala 1:10 di carenature integrali, senza deriva verticale, costruiti su disegno di Taruffi dove è possibile riconoscere la forma della carenatura che permetterà alla Rondine di conquistare sia pure per poco tempo l’ assoluto di velocità nel 1937 e poi due volte il record dell’ ora.

Lo studio è condotto con precisione ma va notato che l’ ingegnere che progetta la carenatura è quello che la proietterà conducendo personalmente la moto a velocità ancora oggi elevatissime, conquistando più di cinquanta primati mondiali.

I risultati conseguiti con le soluzioni aerodinamiche che avevano permesso di stabilire l’ importante serie di record della Rondine avevano convinto l’ Ingegnere romano che la maggior parte di esse potessero essere applicate alle motociclette ed automobili da corsa del futuro cosa che regolarmente avvenne a partire dal ’53-’54; dopo circa dieci anni dai primati motociclistici Taruffi cercò di trasportare nel campo automobilistico il frutto di quella esperienza.

In quel periodo i costruttori si preoccupavano di ottenere dai motori la massima potenza specifica ma poco facevano per ridurre la resistenza all’aria delle macchine mentre l’ Ingegnere romano si convinse che erano le auto a dovere assumere forme diverse partendo dall’ idea che le ruote sono le parti che offrono la maggiore resistenza che può essere ridotta al minimo racchiudendole in una forma ben profilata, ad esempio in un siluro; ognuno di questi, a sua volta, può contenere il motore o il pilota.

Nacque così l’ idea del Bisiluro.

Taruffi fece costruire diversi modelli in scala ridotta ed effettuò le prove di aerodinamica nel tunnel variando di volta in volta la forma dei siluri, la loro distanza, il profilo delle pinne di congiunzione, calcolando la quantità di piani di deriva necessari per portare il centro di spinta dietro il baricentro nel tentativo di ottenere un veicolo che fosse stabile anche dal punto di vista aerodinamico al contrario di quelli che si erano fatti fino ad allora.

Aiutato dai validi collaboratori già sperimentati ai tempi delle moto, passò alla costruzione del mezzo che durò poco più di sei mesi ed avvenne nell’ officina di casa a Roma con una piccola squadra costituita da un saldatore, un tornitore, un fresatore, un lattoniere,un meccanico che poi seguì tutta la serie dei record.

Per ridurre i rischi e semplificare le esperienze sulla macchina venne montato un motore motociclistico: fino ad allora nessuna automobile aveva mai raggiunto a parità di potenza le velocità di una motocicletta non carenata cosa che invece avvenne fin dalla prima prova su strada nella quale l’incremento fu quasi del 10%!

L’idea dunque era vincente e si decise di installare un motore Guzzi bicilindrico sviluppante 45 cavalli a 7400 giri; il propulsore fu ancorato elasticamente al telaio a traliccio tubolare del peso di soli quindici chili e richiese una complessa messa a punto della carburazione che risentiva della mancanza d’ aria soprattutto ad alti regimi.

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Il problema di aderenza e stabilità della vettura che pesava circa 250 chili fu risolto con soluzioni di piani deportanti orientabili e venne sperimentato anche un freno aerodinamico di notevole efficienza. Nell’ ottobre del 1948 la vettura era pronta e da lì cominciò la lunghissima storia del conseguimento di una serie infinita di primati mondiali!

Ecco in breve riassunta la splendida esperienza professionale di Piero Taruffi, ingegnere progettista ma anche pilota che sperimentò la validità delle sue esperienze rischiando personalmente al momento delle prove su strada; la sua “fissazione” per l’ aerodinamica lo portò ad anticipare concetti che oggi sono, invece, esasperati ed infatti così si legge sul sito della Dallara, fabbrica italiana leader mondiale in questo settore: “ L’aerodinamica influenza in maniera decisiva il comportamento di qualsiasi vettura; l’ obiettivo è quello di affinare ed estremizzare le superfici ed ogni minimo dettaglio alla ricerca della massima efficienza (rapporto tra deportanza e resistenza) cercando di incollare la vettura all’ asfalto e, allo stesso tempo, “accarezzare il vento”.

Piero Taruffi aveva dunque compreso quale fosse la strada giusta da seguire non solo per avere le migliori prestazioni velocistiche ma anche per ridurre i consumi dando alle auto ed alle moto le forme che meno si opponessero alla penetrazione nell’ aria; con il passare degli anni e dei decenni gli studi aerodinamici si sono fatti sempre più raffinati, le gallerie del vento che una volta erano in scala ora hanno dimensioni reali, i materiali di costruzione sono sempre più leggeri e le tecniche di progettazione dei mezzi terrestri sono sempre più simili a quelle degli aeroplani.

Il Museo dell’ Associazione Storico Culturale Piero Taruffi, geloso ed orgoglioso custode da qualche lustro di moltissima documentazione degli studi dell’ Ingegnere, ospita una mostra permanente dal titolo “Il Bisiluro ai raggi X – anatomia di un mezzo da record” dove è possibile seguire passo dopo passo le esperienze che abbiamo sommariamente descritto, rendersi conto della cura riservata alla progettazione di ogni singolo dettaglio, conoscere i motivi che hanno portato alla scelta di un materiale invece di un altro, prendere atto del grande impatto che i record stabiliti ebbero sull’ opinione pubblica grazie ai tanti articoli di giornali dell’ epoca esposti.

Il Museo dell’ Associazione Storico Culturale Piero Taruffi si propone di coinvolgere i giovani studenti su questo tema in considerazione del fatto che gli studi aerodinamici sono attualissimi, le odierne auto e moto da competizione si giocano la vittoria grazie al progetto della parte telaistica, le automobili di serie sono sempre più simili l’una all’ altra perché le loro forme sono dovute al computer…Rondine e Bisiluro sono, dunque, sempre un punto di riferimento anche a distanza di anni a testimonianza della genialità del loro progettista.

Agli studenti proponiamo , quindi, la visita del nostro Museo e poi la realizzazione di un lavoro connesso a questa esperienza: un disegno, un componimento, un filmato, una foto, una qualsiasi forma espressiva che manifesti la diversa reazione di ognuno di fronte a concetti quali velocità, consumo, aerodinamica ed esperienza.

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