Garage Taruffi
Il Garage Taruffi ha una superficie espositiva di circa cinquecento metri quadrati, inaugurata il 6 settembre 2008 in occasione della partenza della Coppa Rodolfo del Drago, destinata ad ospitare mostre tematiche ed eventi temporanei; attualmente vi sono esposte le microcar che costituiscono una delle maggiori attrazioni del Museo Taruffi.
LE MACCHINETTE
L’Isetta, capostipite delle microcar o macchinette, nasce in Italia nel dopoguerra frutto di inventiva ed ambizione; la bontà del progetto è dimostrata, oltre che dalle declinazioni estere, anche dalle produzioni coeve promosse in tutta Europa.
Ma è la vettura italiana il punto di riferimento per il suo design d’autore e per le sue soluzioni funzionali, è il trionfo delle linee curve organiche sulle linee rette, ortogonali, razionali. Stadio intermedio tra una motoretta ed un’auto ebbe forse il limite di non soddisfare, a causa della limitata capienza, la necessità della famiglia, come invece garantirono i piccoli modelli Fiat. Eppure guardando le promozioni pubblicitarie di quegli anni, le vetturette sono un prodotto consolidato da un’offerta innovativa e da una accattivante commercializzazione. L’Isetta in particolare si distingue da molti altri modelli caratterizzati da un’impronta quasi fumettistica o altre mini auto risultanti da semplici riduzioni di scala delle sorelle maggiori.
Questa mostra che fa seguito a quella più ampia e prestigiosa svoltasi a Roma nei mesi scorsi vuole attribuire un significato di storia e costume a queste vetturette, cogliendo nella dimensione ridotta ed intimista un termometro della società degli anni Cinquanta, un segno contrario al gigantismo architettonico e una risposta fascinosamente perdente al problema della mobilità nei centri urbani. Si coglie infatti, dopo l’investimento nella miniaturizzazione del mezzo di trasporto il segno di una inevitabile crisi; dopo un decennio di sperimentazioni infatti il mercato dell’auto sposerà con decisione la dimensione urbanistica dei grandi raccordi e delle autostrade: l’auto diventa traguardo sociale e strumento di affermazione, mezzo indispensabile per annullare le distanze non solo geografiche del paese. Ma guardando questi mezzi oggi, è inevitabile fare congetture, ripensando alle Macchinette degli anni Cinquanta ed alla attuale circolazione urbana caratterizzata da un ritorno al minimalismo per molti modelli sperimentali o in commercio. Viene da chiedersi ad esempio se la progressiva interdizione ai veicoli nei nostri centri possa essere mutuata dalla circolazione di piccole vetture a propulsione elettrica o fotovoltaica, mezzi, per ora atipici che potrebbero rivoluzionare il trasporto individuale con un minore impatto ambientale nelle nostre città.
Dalla presentazione alla mostra “Macchinette” di Luigi Prisco della Direzione Regionale Beni e Attività Culturali della Regione Lazio.
“L’Isetta esibiva un’ingegnosa soluzione d’accesso costituita da un unico ampio portellone anteriore a cui erano fissati il volante e il piantone dello sterzo, espediente che facilitava l’ingresso dei passeggeri all’atto dell’apertura e rendeva più agevole il parcheggio. Inoltre poteva contare su una parte meccanica estremamente semplificata, grazie al motore derivato dall’adattamento di quello della motocicletta Iso 200. Eppure, nonostante le innegabili qualità, l’Isetta rimase in produzione in Italia per soli tre anni riuscendo tuttavia a rifarsi di questo insuccesso con il consenso ottenuto all’estero con le produzioni francese (Velam), tedesca (BMW) e spagnola (Borgward ISO Espanola).” Gabriella D’Amato, Storia del Design, Bruno Mondadori, Milano 2005.